Abramo in valle Bormida


Messaggio scritto nel forum "Antares e le vere origini di Europa" (www.siagrio.it, 2001-2003)

SEMERANO


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Inviato da: dario il September 18, 2002 at 16:16:03:

SEMERANO

Mi prendo questa occasione in cui si ricorda il
lavoro di Semerano per rievocare la circostanza
in cui ho incontrato questo Forum e Carlo Forin
(nomen omen).
Dopo aver scritto, circa due anni fa - senza
peraltro ottenere risposta - a Umberto Galimberti
sul sito di “Repubblica” per chiedergli un parere
intorno all’opera di Semerano, ho scandagliato
internet in cerca dei siti che citassero il
Professore: non furono molti, ma fra questi il
forum di Carlo. A Carlo mandai questa lettera
rivisitata e cominciai con lui una corrispondenza
prima privata (e-mail) poi pubblica (sul forum,
il primo cui partecipavo). Lo scopo era appunto
chiarire con lui le perplessita’ lasciatemi da
Semerano, ma non sapevo ancora che in Carlo avrei
trovato un suo seguace devoto (…si puo’ parlare
di “processionaria”?…) che lo difendeva lancia in
resta.
Ripropongo qui la lettera originale, per riaprire
la discussione con chi Semerano l’ha letto, ed e’
abbastanza distaccato da giudicarlo:

Egr. Prof. Galimberti,
in merito al Suo articolo “Il caso di Giovanni
Semerano: il linguista che fa tremare
l’Accademia”, uscito sulle pagine culturali di
Repubblica il giorno 14 giugno (2001, N.A.)., mi
piacerebbe sottoporle alcune considerazioni.
Non sono uno studioso ne’ ho intrapreso studi
regolari di linguistica, ma da parecchi anni la
linguistica storica, comparativa e evolutiva mi
appassionano molto, e molto ne ho letto.
Quando e’ stato pubblicato su Repubblica il 20
aprile 2000, ho letteralmente ‘bevuto’ l’articolo
di Sergio Frau “Cosi’ la terra comincio’ a
parlare” che mi ha fatto conoscere il Prof.
Semerano. Da li’ e’ cominciata un’ansiosa attesa
per l’uscita del libro annunciato, finalmente
soddisfatta pochi mesi or sono.
Dopo la lettura di questo libro affascinante, ho
affrontato anche le relazioni del congresso
internazionale da Lei citato, tenutosi a Milano
nel ’99 con il titolo “Le radici prime
dell’Europa”, e pubblicate anch’esse da Bruno
Mondadori: qui, nel (breve) contributo del Prof.
Semerano ho acquisito l’urgenza di conoscere la
sua opera fondamentale, la ciclopica “Le origini
della cultura europea”, che certo mi avrebbe
dischiuso il cammino evolutivo che portava a
quell’idea (intuizione?) formidabile. Dalla
biblioteca civica di Treviso ho avuto a prestito
in successione i quattro tomi, che ho
abbondantemente compulsato (una lettura ordinata
e’ strutturalmente impossibile).
Premetto che non sono estraneo alle lingue
classiche (latino liceale, greco autodidattico),
ne’, benche’ in minima misura, alla linguistica
semitica: ho imparato un po’ di ebraico, mi sono
intestardito su grammatiche accadiche, mi piace
confrontare le periodiche fatiche che provoca
l’etrusco, sto aspettando (sono arrivati, N.A.)
dei libri sulla lingua sumerica: credo di saper
valutare cio’ di cui si parla, pur fuori
dall’accademia.
Ebbene, se le premesse per entusiasmarsi alle
tesi del Prof. Semerano c’erano tutte (il tipico
entusiasmo del dilettante), non ne sono uscito
convinto, e forse ho intravisto perche’
l’Accademia puo’ guardare con diffidenza al suo
poderoso lavoro sicuramente antiaccademico.
La tesi sostenuta dal Prof. Semerano puo’ avere
una portata formidabile, se di natura
prevalentemete culturale, una portata piu’
limitata, di ambito accademico, se di natura piu’
prettamente linguistica. L’ultimo libro del
Professore (“L’infinito…”) lascerebbe pensare
alla prima ipotesi: la cultura greca (e quindi
occidentale) non e’ frutto del caso o del genio
di un popolo, o magari di una razza, ma affonda
le sue radici nella piu’ antica, e confinante,
cultura mesopotamica accado-sumerica. In questa
tesi il Professore si inserirebbe su un solco
gia’ tracciato e consolidato, soprattutto da
studiosi extra-europei, (cultura ‘afro-
asiatica’, ‘Atena nera’, ecc.) anche se forse fin
qui mai cosi’ ben sostenuto sul piano linguistico-
culturale.
La scelta delle parole anatomizzate nello studio
citato sembra comporre una meravigliosa collana
di perle-concetti che comunicano l’invincibile
idea di una eredita’ e di un debito
fra ‘occidente’ e ‘(vicino)-oriente’, culturale
ancor prima che linguistico. Ma l’opera
fondamentale del Prof. Semerano (“Le origini…”)
smentisce questa visione.
Qui la scelta delle parole considerate per lo
scavo etimologico ha una latitudine veramente
totale: quasi nessun campo di cio’ che e’
umanamente comunicabile con la parola, compresi i
relitti piu’ antichi dell’acculturazione umana
(toponimi, idronimi, ecc.), sfuggono a una
decrittazione con chiave accado-sumerica. Quindi
la portata dell’asserto cambia: l’Europa non e’
debitrice al vicino-oriente della sola vita
culturale, ma dell’intero sostrato linguistico. O
meglio, e sembrerebbe una logica conclusione, si
dovrebbero dedurre parentele non cosi’ remote nel
tempo e nello spazio tra le popolazioni europee e
quelle del vicino-oriente antico. Ma questa
conseguenza di natura semplicemente etno-
linguistica non viene mai (mi sembra) esplicitata
nello studio del Professore, che forse preferisce
veicolare un’idea piu’ ‘culturale’. D’altronde
l’ipotesi di una parentela storica tra le
suddette popolazioni e le loro attuali famiglie
linguistiche (indo-europeo e camito-semitico) e’
ben sostenuta in uno dei contributi del congresso
sulle “Radici…” sopra menzionato: in questo
momento che Le scrivo non riesco a recuperare
l’autore, ma ricordo essere un italiano, che
parla del nord-Africa come collocazione
geografica per questa antica popolazione ancora
indifferenziata. Secondo me, se anche il Prof.
Semerano aderisse a questa ipotesi, andrebbero a
posto tutti i tasselli del suo mosaico.
E vorrei considerare adesso piu’ da vicino
questo ‘mosaico’ di parole esaminate
nelle “Origini…”: cio’ che con piu’ aspettative
ho ricercato nella sua opera e’ l’idea, o
intuizione, che l’hanno spinto a intraprendere
l’impresa. Invero quello che cercavo era forse
qualcosa piu’ di natura umana che scientifica, e
mi rammarico di non averlo trovato, ma forse non
cercavo nel posto giusto. Ammessa questa
intuizione primigenia del Prof. Semerano, mi
sono chiesto poi quale sia stato il meccanismo, o
motore, che l’ha portato a macinare senza
incertezza tanto materiale linguistico. Nei
quattro tomi non risuonano dubbi, ma molta
sicurezza, e molto spesso una non celata ironia
verso tutti gli altri etimologisti, accusati,
forse a ragione, di far parte per lo piu’ di
scuole (p.es. gli ‘indoeuropeisti’) che non sanno
vedere oltre il loro giardinetto. Pero’, mi
permetto di aggiungere, molto spesso altri
etimologisti hanno una metodica piu’ sicura e
controllabile (per esempio basata su ‘leggi’
della fonetica), mentre il Prof. Semerano
giustifica poco e sembra molto spesso
semplicemente illuminato da concetti extra-
linguistici (semantici) o da vicinanze sonore.
Le assonanze: sono molto facili da trovare o
da ‘immaginare’, invero, quando si ha a che fare
con la linguistica semitica (accadico), e ancor
piu’ con quella sumerica. Le lingue semitiche
hanno un impianto consonantico con radici per lo
piu’ trilittere; la lingua sumerica ha radicali
ancora piu’ brevi, molto spesso monosillabi. A
fronte della ricca articolazione fonetica della
lingue indo-europee e’ spesso un gioco trovare
dei rebus di bi-trisillabi attinti da dette
lingue che compongano una parola piu’ complessa.
Con questo non voglio assolutamente avanzare dei
sospetti, ma intendo affermare una mia necessita’
di conoscere esattamente la metodica sottostante
questo prodigioso lavorìo.
‘Last but not least’, la permanenza del valore
semantico nelle parole: oggi noi usiamo nella
lingua italiana parole inequivocabilmente di
derivazione latina, ma con nuovo significato. Che
il salario abbia a che fare con il sale, richiede
un po’ di acribia e di conoscenza, e il parlante
medio non lo cogliera’. Che l’ “apeiron” avesse a
che fare con la polvere (“apar”) del vicino-
oriente, era percepito dal filosofo greco? Oppure
la deriva semantica era gia’ passata a
travolgerne il senso verso il “vuoto”?
A me piacerebbe moltissimo l’assunto del Prof.
Semerano, ma non ne sento l’ ineluttabilita’.
Oppure assumerei l’ipotesi di minima di una
parentela linguistica (e genetica?) tra gli
antichi padri: ogni altra inferenza sarebbe da
dimostrare.

Posso sperare in qualche sua osservazione di
rimando?


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